BarKessa nasce dalla passione e dall’amicizia di Gigi e Gian che hanno condiviso, nel corso degli anni, esperienze lavorative e di vita.

Nella BarKessa Gigi e Gian ti accompagneranno alla scoperta dei profumi e dei sapori, della storia, delle tradizioni e dei costumi di terre raffinate ed eccelse. Ti consiglieranno prodotti di alta qualità, luoghi incantevoli, come paesaggi suggestivi, ristoranti tipici o meravigliose strutture in cui pernottare, il tutto con la garanzia di poter scoprire ed assaporare la qualità della vita della provincia Italiana.

Riverisco

Riassettando la mia libreria mi è ricomparso tra le mani un libro: Riverisco di Mariano Castello, scrittore di Schio (VI).  Il libro di Castello colpisce per la capacità di isolare un piccolo mondo, di guardarlo e farlo guardare con la lente d’ingrandimento; di fare emergere quelle che sembrano epocali differenze nella distanza che separa, di solo una cinquantina d’anni, una generazione dall’altra in un piccolo contesto di provincia. 

Leggendo questo libro mi ritrovo in un modo che appartiene alla mia giovinezza, quelle espressioni, quelle situazioni di vita che lo scrittore descrive così minuziosamente, mi riportano nella casa di mia nonna. Chiudendo gli occhi mi sembra di riviverle.

Per questo motivo di seguito vi riporto un breve assaggio di questo libro nella speranza di farvi assaporare sensazioni piacevoli.

 

“Fino all’inizio degli anni sessanta, quando si salutava la maestra o il prete si diceva: “Riverisco”.

Al prete si poteva anche dire: Sia lodato Gesù Cristo” e il prete rispondeva: “Sempre sia lodato”.

Una volta ho incontrato per strada la maestra Comin e mia madre ha incominciato:” Cos’è che si dice alla signorina maestra qua?” Io stavo con la testa talmente bassa che quasi quasi toccavo terra: “Bongiorno” ho detto alla fine tra i denti. “No bongiorno, cos’è che si dice, riv.. riv… riv…” “risco” ho detto completando la parola.

“Dilla almeno tutta intera la parola, Signore”.

“Ben ben, va là” diceva la maestra che in quel momento voleva parere mite “va ben anche così.

 Il toso è un po’ timido, ma si farà un doman. E magari a casa continua a ciacolare…”

“Cosa? E’ tutto un continuo: ciacolare e petufarsi con sua sorella, ma quando che è fuori sembra che abbia perso la lingua”.

“Fammi vedere se hai la lingueta” diceva bonaria la maestra. Allora io tiravo fuori una lingua talmente lunga che non si capiva se era solo per mostrarla o anche per far pitona.

La maestra restava per un attimo incerta e poi per tagliare l’aria diceva: “Visto che lunga che l’ha…”.

 

 

 

In questo libro lo scrittore usa un linguaggio che è un misto di italiano e dialetto, è però vicinissimo a quello che usiamo quotidianamente in famiglia e con gli amici, tanto che i racconti acquistano immediatamente vivezza e intensità. Il tono, sottilmente ironico e disincantato, ricorda quello di “Libera nos a Malo” di Luigi Meneghello, e le pagine scorrono veloci invogliando a continuare la lettura fino ad arrivare quasi con rammarico al finale.

 

 

 

 

Gigi.